POLITICA ENERGETICA EUROPEA
La questione energetica è da sempre stata centrale per l’Unione Europea, giá a partire dai suoi antipodi come Comunitá Europea del Carbone e dell’Acciaio ed Euratom. La necessità di importare energia dai vicini produttori euroasiatici ha fatto sì che questo rappresentasse un prezioso canale di dialogo tra Oriente e Occidente, particolarmente, sotto queste esigenze è stata tutelata l’ambivalente relazione con la vicina Russia. Tuttavia, di questo spazio di dialogo e negoziazione ne hanno usufruito in gran parte i singoli Stati Membri, piuttosto che le istituzioni comunitarie attraverso una strategia condivisa.
Il 25 febbraio 2015 la Commissione ha pubblicato la strategia per un’Unione dell’energia, riaccendendo le aspirazioni ad un’integrazione in materia di politiche energetiche per garantire un mercato interno efficiente ed accessibile, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e finanziare lo sviluppo di fonti di energia rinnovabile, accordando obiettivi specifici da raggiungere entro il 2030. L’avvento della crisi in Ucraina sollecita però una riconsiderazione non solamente degli obiettivi concreti, ma soprattutto delle tempistiche utili e necessarie per raggiungerli. L’emergenza, infatti, cresce assieme ai prezzi dell’energia che raggiungono livelli proibitivi per molti consumatori e per l’industria europea.
Questa riformulazione ha preso il nome di “Piano Repower EU 2022”, che si propone in primo luogo di costruire un sistema comune di approvvigionamento che diminuisca la dipendenza dalla Russia per la fornitura di energia. Nel 2021 le importazioni di gas dalla Russia hanno composto il 45% dell’approvvigionamento europeo. Il restante 55%, è coperto invece da Norvegia, Qatar, Algeria, Stati Uniti d’America. Questi ultimi sono anche i paesi partner che accompagnerebbero l’UE in un processo di ulteriore diversificazione energetica. Per quanto riguarda le politiche a tutela dell’economia, già ad ottobre 2021 era stato adottato un pacchetto di strumenti per aiutare i consumatori e le imprese più vulnerabili a far fronte al primo rincaro dei prezzi. A partire dall’avvento della crisi ucraina sono state attuate le misure d’emergenza previste dal pacchetto e nel quadro di REpower EU sono stati gradualmente prestabiliti nuovi aiuti per i singoli Stati Membri, per esempio la garanzia di uno stoccaggio di gas durante la stagione estiva che raggiunga il 90% prima dell’autunno e necessario per affrontare il prossimo inverno. Questi pacchetti, però, fanno fronte alle difficoltà economiche dovute al rincaro dei prezzi delle fonti di energia fossili già in uso, piuttosto che focalizzarsi sulla creazione di fonti alternative che riducano la dipendenza da fonti fossili.
Inoltre, cresce la consapevolezza che la diversificazione dei partner fornitori di gas, petrolio e carbone seppur attualmente necessaria, è una soluzione a breve termine. La vera sfida con una prospettiva a lungo termine invece è la riduzione del consumo di queste materie prime per avviarsi verso un sistema europeo integrato, indipendente ed efficiente basato in gran parte sulle fonti di energia rinnovabili.
Secondo il nuovo piano europeo l’obiettivo per il 2022 è quello infatti di ridurre di ⅔ il consumo di gas dell’UE attraverso le seguenti misure:
- Decarbonizzare attraverso la diffusione di gas rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, come l’idrogeno;
- Raddoppiare l’attuale obiettivo di produzione di biometano come fonte energetica entro il 2030;
- Incoraggiare un’ ulteriore produzione di energie rinnovabili già ampiamente in utilizzo (solare, eolica e geotermica), in particolare nel settore dell’energia elettrica per l’edilizia;
- Finanziare lo sviluppo tecnologico e infrastrutturale della produzione di energia pulita;
- Facilitare e velocizzare la riconversione a fonti rinnovabili attraverso uno snellimento burocratico e incrementare i suoi meccanismi di finanziamento.
L’accelerazione di un’Unione Energetica porta con sé anche altri risvolti diplomatici per l’Italia e per la costellazione di alleanze interne all’UE. In vista del Consiglio Europeo Mario Draghi si è riunito in summit con i suoi corrispettivi di Spagna, Portogallo e Grecia, suggerendo la volontà di creare un fronte unito in materia di politica energetica. I cosiddetti paesi “PIGS” rappresentano il 30% della popolazione europea, ma la scarsa comunicazione e la mancanza di una strategia comune hanno fatto sì che negli anni non formassero una vera e propria alleanza mediterranea in grado di difendere gli interessi ed i bisogni comuni. Questo vale specialmente in materia di politica energetica, dove dagli anni duemila ad oggi in Europa è regnato l’individualismo degli Stati Membri dettato da accordi con partner extraeuropei, primo tra i quali la Russia. Questo processo di integrazione energetica accelerata dalla crisi ucraina potrebbe quindi anche essere uno scenario di ricostituzione di un’alleanza mediterranea, dettato anche dalla leadership forte e di impronta europeista dell’attuale premier italiano.
SISTEMA DI ASILO DELL’UE
Lo scorso 4 Marzo, per la prima volta in 20 anni dalla sua introduzione il Consiglio ha adottato all’unanimità la Direttiva di protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati (Temporary Protection Directive). Questa direttiva è stata promulgata a seguito delle guerre jugoslave quando si temeva un afflusso massiccio di migranti provenienti dai balcani,e introduce una protezione immediata e temporanea per gli sfollati riconoscendo loro il permesso di soggiornare nei paesi europei senza dover passare per le lunghe, complesse procedure di richiesta di asilo. La protezione temporanea ha validità un anno ma può essere estesa fino a un massimo di tre anni. Le persone che godono di protezione temporanea possono in qualsiasi momento fare richiesta di asilo ed estendere la loro permanenza.
Nonostante dal Settembre 2020 la riforma europea sulla migrazione e l’asilo sia bloccata in Parlamento europeo, l’attuale situazione di crisi potrebbe aprire un nuovo spiraglio per il superamento della clausola del primo paese d’ingresso sancita dalla Convenzione di Dublino, quindi ambire ad una distribuzione più equa delle richieste d’asilo tra gli Stati Membri. La rapida reazione da parte dell’UE e l’unanimità nell’adozione della direttiva per affrontare l’afflusso massivo di migranti dall’Ucraina dimostra non solo che un sistema piú flessibile sia necessario, ma anche che beneficerebbe tutti gli Stati Membri, non solo coloro che si trovano ai confini meridionali dell’Unione. Si puó presumere che l’attuale crisi allenti la resistenza di quegli stati membri (principalmente Polonia ed Ungheria) che ora soffrono maggiormente la pressione migratoria dall’Ucraina, ma che di fatto solo coloro che in passato si sono opposti alle politiche comunitarie di ricollocamento e hanno impedito l’attivazione della direttiva di protezione temporanea quando l’afflusso massiccio aveva interessato maggiormente altri stati membri.
DIFESA COMUNE EUROPEA
La difesa comune europea non nasce nel 2022 dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, né dalla terribile ritirata dei paesi NATO dall’Afghanistan.
Il finanziamento del PSDC (programma di sicurezza e difesa comune) viene stabilito già nel trattato di Lisbona del 2009; nel giugno 2016 Federica Mogherini, allora Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha presentato al Consiglio europeo la “Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea”, che definisce la strategia per la PSDC, mentre nel novembre ha inoltre presentato al Consiglio il “Piano di attuazione in materia di sicurezza e difesa”, volto a rendere operativa la visione definita nella strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea per quanto concerne le questioni in materia di difesa e sicurezza
Dall’inizio del suo mandato nel dicembre 2019, l’AR/VP Josep Borrell ha posto il rafforzamento della PSDC al centro delle attività dell’UE e si impegna a perseguire e rafforzare le iniziative avviate da Federica Mogherini.
Per dare nuovo slancio alla sua agenda in materia di sicurezza e difesa, dal 2020 l’UE ha lavorato a una bussola strategica che mira a dare una direzione politico-strategica rafforzata alla sicurezza e alla difesa dell’UE e a definire il livello di ambizione in questo settore. La prima fase, conclusasi nel novembre 2020, consisteva in un’analisi esaustiva delle minacce e delle sfide. La seconda fase consiste in discussioni informali tra gli Stati membri concernenti l’analisi delle minacce e le principali conseguenze, l’analisi del divario di capacità e le priorità degli Stati membri. Tale fase di dialogo ha consentito agli Stati membri di migliorare la loro comprensione comune delle minacce per la sicurezza cui devono far fronte collettivamente e di rafforzare la cultura europea in materia di sicurezza e difesa.
La mala gestione della ritirata dall’Afghanistan da parte dei paesi NATO prima e lo scoppio della guerra in Ucraina poi, hanno sicuramente dato una spinta significativa al dibattito su un sistema di difesa comune europea, oltre a riportare la difesa a rappresentare una tematica prioritaria per molti Stati Membri, tanto che il 21 Marzo 2022 il “strategic compass” è stato approvato dal Consiglio dell’Unione Europea
La “Bussola Strategica” consentirà ai 27 stati UE di utilizzare il piano “NextGenerationEu” per investimenti nel settore della difesa e dell’energia, in modo da diventare indipendenti dal gas russo, togliendo a Putin qualsiasi strumento di ricatto nei confronti della Ue.
Il fondo, con finanziamenti a fondo perduto (Grants) e prestiti (Loans), verrebbe alimentato con l’emissione di obbligazioni europee, i Bonds, come già avviene per il Recovery Fund.
Entro quest’anno verranno definiti gli scenari operativi, con l’indicazione delle aree dentro le quali il “Battaglione Europeo” potrà operare.
Tra gli spazi più strategici, c’è proprio quello che va dai Balcani al Mediterraneo asiatico, inglobando l’Ucraina, fino all’Africa. Una copertura territoriale molto vasta che verrà controllata da 5mila soldati: questo il limite del personale impiegato che potrebbe, però, aumentare.
L’Esercito europeo dovrebbe essere abile ed arruolato già dal 2023, dapprima con “regolari esercitazioni”, poi in piena e totale attività per la fine del 2024, accorciando così i tempi rispetto alla prima bozza che stabiliva l’operatività entro il 2025.
Inoltre, proprio in linea con la volontà di “fare presto”, entro un anno dalla definizione delle procedure si potrà già agire mediante le cooperazioni rafforzate, che riguarderanno un numero ristretto di Paesi, secondo quelle che sono le direttive previste dall’art. 44 del Trattato sulla Ue.
La Bussola Strategica si basa su un’analisi degli scenari strategici dell’UE e cerca di portare maggiore coesione e un più forte impegno comune per gli sforzi dell’UE in materia di sicurezza e difesa: questa si articola in una guida all’azione, fornendo proposte concrete e scadenze distribuite nei prossimi 5-10 anni in 4 aree:
- agire più velocemente e in maniera più decisiva nei momenti di crisi
- proteggere i cittadini europei contro minacce in continuo mutamento
- investire in infrastrutture e tecnologie militari
- collaborare con altri paesi per raggiungere gli obiettivi comuni
Il Piano Strategico sarà attivo fino al 2030. L’obiettivo è quello di rendere l’Unione Europea un garante della sicurezza e della pace. L’UE deve essere in grado di proteggere i suoi cittadini e contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale. A causa dell’invasione russa e a seguito dei cambiamenti geopolitici, la bussola strategica permetterà di potenziare l’autonomia strategica dell’Ue e la sua capacità di lavorare con i partner per salvaguardare i suoi interessi.
Il piano strategico per la sicurezza dell’Unione non si focalizza solo sulla minaccia fisica di attacchi, ma pone particolare enfasi anche sugli “attori statali e non statali che utilizzano strategie ibride, attacchi informatici, campagne di disinformazione e interferenze dirette nelle nostre elezioni e nei processi politici, coercizione economica e strumentalizzazione dei flussi migratori irregolari”
L’UE, quindi, oltre a proporre delle iniziative e delle campagne per la sicurezza fisica, svilupperà ulteriormente la politica di difesa informatica per proteggere, rilevare, difendere e scoraggiare attacchi informatici: questo avverà tramite la cooperazione tra gli attori della difesa informatica dell’UE e degli stati membri; inoltre si cercherà di migliorare la capacità di prevenire gli attacchi hacker attraverso il rafforzamento e lo sviluppo di mezzi informatici e la formazione di nuovi esperti. Verranno anche aumentate l’interoperabilità e la condivisione di informazioni tra squadre militari di pronto intervento informatico e lo svolgimento di operazioni di cyber security.
In tal senso, una UE più forte e capace in materia di sicurezza e difesa, potrà contribuire alla sicurezza transatlantica, complementare a quella svolta dalla Nato, che rimarrà il punto di riferimento della difesa collettiva per i membri Ue.
La bussola strategica riguarda tutti gli aspetti di politica di sicurezza e difesa e si articola in quattro pilastri:
Azione
Per essere in grado di agire in modo rapido ed energico nell’eventualità in cui scoppiasse una crisi, sia in collaborazione con i partner e non, l’UE svolgerà le seguenti azioni:
- Creerà una capacità di dispiegamento rapido forte di 5.000 militari per diversi tipi di crisi.
- Schiererà 200 esperti di missioni PSDC (Politica di sicurezza e difesa comune) pienamente equipaggiati entro 30 giorni, anche in ambienti complessi.
- Condurrà esercitazioni reali periodiche terrestri e in mare
- Rafforzamento delle operazioni e missioni di PSDC (Politica di sicurezza e difesa comune) in ambito civile e militare, incentivando un processo rapido e più flessibile, agendo in modo più determinato e garantendo una maggiore solidità finanziaria.
- Utilizzo dello strumento europeo per la pace per supportare i partner.
Sicurezza
Con l’obiettivo di rafforzare la sua capacità di anticipare, scoraggiare e rispondere alle minacce e alle sfide che stiamo affrontando e che possono emergere repentinamente, nonché di salvaguardare i propri interessi di sicurezza, l’UE:
- Potenziamento delle proprie capacità di analisi dell’intelligence
- Creazione di un pacchetto di strumenti e gruppi di risposta contro le minacce ibride, in cui siano riuniti vari strumenti per individuare e rispondere ad un’ampia gamma di minacce di tale tipologia.
- Sviluppo di un ulteriore pacchetto di strumenti della diplomazia informatica e istituzione di una politica dell’UE in materia di ciberdifesa per prevenire e combattere gli attacchi informatici
- Sviluppo di un pacchetto di strumenti contro la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri
- Sviluppo una strategia spaziale dell’UE per la sicurezza e la difesa
- Rafforzare il suo ruolo come attore della sicurezza marittima
Investimenti
Gli Stati membri si sono impegnati ad aumentare in modo sostanziale le spese per la difesa affinché possano adempiere agli obiettivi della riduzione critiche in termini di capacità militari e civili, nonché per rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa europea. L’UE svolgerà le seguenti azioni:
- Procedere ad uno scambio riguardante gli obiettivi nazionali in materia di aumento e miglioramento della spesa per la difesa al fine di rispondere alle esigenze europee in materia di sicurezza
- Fornire ulteriori incentivi agli Stati membri affinché si impegnino nello sviluppo collaborativo di capacità e investano congiuntamente in abilitanti strategici e capacità di prossima generazione per operare a terra, in mare e in aria, nonché nel ciberspazio e nello spazio extra-atmosferico
- Potenziamento dell’innovazione tecnologica per la difesa con l’obiettivo di sopperire alle lacune strategiche e di riduzione delle dipendenze tecnologiche e industriali
Partner
Con l’obiettivo di affrontare minacce e sfide comuni l’UE promuoverà:
- Il rafforzamento della cooperazione con partner strategici quali la NATO, le Nazioni Unite e i partner regionali, tra cui l’OSCE, l’UA e l’ASEAN
- Sviluppo di partenariati bilaterali più mirati con paesi e partner strategici che condividono gli stessi principi, come gli Stati Uniti, il Canada, la Norvegia, il Regno Unito, il Giappone e altri
- Sviluppo di partenariati su misura nei Balcani occidentali, nel vicinato orientale e meridionale, in Africa, in Asia e in America latina, anche rafforzando il dialogo e la cooperazione, promuovendo la partecipazione a missioni e operazioni PSDC e sostenendo lo sviluppo di capacità
PROCESSO DI ADESIONE ALL’UE
A meno di una settimana dall’annuncio dello scoppio della crisi ucraina, il 28 febbraio, Zelensky ha firmato una richiesta ufficiale di adesione all’Unione Europea auspicando l’avvio di un processo accelerato di negoziazioni. La richiesta ha ricevuto l’appoggio istantaneo dei leader di alcuni degli Stati Membri piú prossimi al territorio ucraino.
Tuttavia, il processo di adesione nell’Unione Europea non è semplice e veloce, basti pensare che al momento ci sono 5 Stati candidati: Albania, Repubblica di Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia, con anno di apertura delle negoziazioni che varia dal 2005 al 2012. Ancor prima di poter presentare domanda per l’ingresso devono essere rispettati due criteri fondamentali: essere uno Stato europeo; rispettare e impegnarsi rispetto ai valori di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione Europea. Una volta superati questi ostacoli strutturali, ci sono altri criteri, di tipo politico, economico e sociale, noti come “criteri di Copenaghen” definiti nel 1993 e 1995. L’UE si riserva poi il diritto di decidere quando il paese candidato ha soddisfatto i criteri di adesione.
Gli ostacoli burocratici suggeriscono quindi l’impossibilità di un “fast track” per l’adesione dell’Ucraina all’UE, confermata anche dal Consiglio Europeo tenutosi a Versailles due settimane a seguito della richiesta formale. Nonostante ciò, i leader Europei si sono già espressi in merito, in gran maggioranza a favore, pur con qualche resistenza da parte dei paesi frugali, mentre le istituzioni europee e le autorità ucraine hanno chiuso in tempi record le seguenti fasi della procedura. All’elaborazione del parere della Commissione in accordo con in Consiglio dell’UE è seguita la rapida compilazione da parte dell’Ucraina del questionario di richiesta dello status di candidato ufficiale.
Dopo l’assegnazione dello status, si avviano le fasi più complesse e durature: i negoziati. Resta da chiedersi se la rapida risposta europea si riproporrà anche in questo punto del processo o se passato il momentum della crisi si tornerà a sottoporsi ai lenti processi caratteristici dell’apparato burocratico dell’Unione.