Salute

Premessa
Qual è il problema che si cerca di risolvere?

La pandemia da COVID-19 ha messo in evidenza i limiti delle politiche di tagli alla sanità attuate negli ultimi 10 anni e le differenze in termini di efficienza sanitaria tra le varie Regioni. Il nostro SSN, pur rimanendo un’eccellenza a livello mondiale, necessita di investimenti e di una vision a lungo termine, per evitare di affrontare anche le prossime sfide che lo attendono in maniera emergenziale.

In un Paese dall’elevato debito pubblico come il nostro, che da qui al 2070 avrà una diminuzione della produttività dovuta al crollo demografico e all’invecchiamento della popolazione e contemporaneamente subirà un significativo aumento della spesa del SSN, diventa fondamentale trovare delle soluzioni che permettano di alleggerire la spesa pubblica in sanità, pur assicurando un’ottima qualità della vita e della salute.

Tale obiettivo può essere, in parte, raggiunto investendo sulla prevenzione primaria di tutte quelle malattie che sono la principale causa di morte nel nostro Paese e nel mondo: le malattie cardiovascolari. Nel 2018 si stima che i costi dovuti alle malattie cardiovascolari si attestino intorno ai 21 miliardi di euro: 16 miliardi di spesa diretta sostenuti dal SSN, mentre 5 miliardi di perdita di produttività sul lavoro e di spese sostenute direttamente dalle famiglie.

Tali malattie dipendono sicuramente da fattori non modificabili come la predisposizione genetica e l’avanzamento dell’età, ma, allo stesso tempo, la loro insorgenza è strettamente connessa a fattori modificabili come la sedentarietà, l’alimentazione e il consumo di alcol e sigarette.

Tra i fattori di rischio, vi è anche un’altra patologia cronica strettamente correlata alle malattie cardiovascolari che è il diabete di tipo 2. Infatti, questa patologia, oltre ad essere in costante crescita negli ultimi anni (480 milioni di casi nel mondo nel 2019), ha un impatto importante sui costi del SSN (9 % della spesa totale) e sulla qualità della vita dei cittadini. Ad esempio, i costi in media per un cittadino diabetico sono di 2600 euro all’anno, più del doppio rispetto a un cittadino non diabetico della stessa età. Inoltre, esiste una correlazione significativa tra obesità e diabete di tipo 2: l’80% dei diabetici di tipo 2 è sovrappeso o obeso.

Chi riguarda
Chi è interessato da questo problema?

Il problema riguarda tutti i cittadini, indipendentemente dall’età o dal sesso, ma le malattie cardiovascolari sono più frequenti tra i fumatori, le persone sedentarie e le persone in sovrappeso e/o diabetiche.

Il 40% della popolazione italiana è in sovrappeso o obesa e tra questi molti sono bambini. In particolare, l’Italia detiene il triste primato per obesità infantile in Europa. Questo primato è dovuto alla grande diffusione tra le nuove generazioni di abitudini alimentari errate e di una scarsa attitudine all’attività fisica. Questa tendenza negativa si riflette anche sulle attitudini sportive e sulla sedentarietà dei bimbi italiani.

L’obesità, se presente in età pediatrica, si associa ad una più precoce insorgenza di patologie cardiovascolari dell’età adulta. Bisogna quindi lavorare sulla consapevolezza dei corretti stili di vita fin dalla giovane età.  Diventa di fondamentale importanza la prevenzione primaria che riguarda le nuove generazioni ed in particolare i bambini. Numerosi studi confermano che se la pratica dell’attività fisica viene acquisita nell’infanzia tende a divenire parte integrante dello stile di vita della persona anche in età adulta. Si stima che una dieta regolare ed una attività fisica possano ridurre fino al 33 % l’insorgenza delle malattie cardiovascolari e che, eliminando anche il fumo come abitudine, questa percentuale possa salire fino al 50%.

Implicazioni
Quali implicazioni ha questo problema?

Una maggior consapevolezza dell’influenza delle proprie abitudini quotidiane sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari porterebbe un ritorno sia in termini di salute che in termini economici. Infatti è stato calcolato che per ogni euro investito oggi in prevenzione, si raccoglierebbero potenzialmente 3 euro nel 2050. L’Italia presenta una spesa sanitaria in prevenzione pari al 4,9 % della spesa sanitaria pubblica, inferiore di alcuni punti percentuali rispetto alla media dei paesi europei (Eurozona). Si stima che, se semplicemente ci allineassimo alla media UE in Prevenzione sanitaria, avremo un risparmio pari a 8 miliardi di euro nei prossimi 10 anni. In particolare, la prevenzione primaria, la quale si esplica in progetti di educazione alla salute e campagne di sensibilizzazione alla popolazione, di interventi sull’uomo per correggere errate abitudini di vita (es: fumo) e situazioni che predispongono alla malattia (es: obesità e diabete), porterebbe ad una riduzione dei principali fattori di rischio delle patologie cardiovascolari, se effettuata fin dalla giovane età.

Secondo lo studio “Okkio alla Salute 2016” in Italia:

  • 8% dei bambini salta la prima colazione e il 33% fa una colazione sbilanciata in termini di carboidrati e proteine condizionando negativamente l’equilibrio calorico del resto dei pasti.
  • 20% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura, mentre il 36% consuma quotidianamente bevande zuccherate o gassate.
  • 23,5% dei bambini svolge giochi di movimento non più di 1 giorno a settimana, il 33,8% dei bambini svolge attività fisica strutturata non più di 1 giorno a settimana e il 18% non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine, mentre i medici raccomandano almeno 30 minuti di attività fisica quotidiana.
  • 1 bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta.
  • 44 % dei bambini ha la TV in camera e il 41% guarda la TV e/o gioca con i videogiochi/tablet/cellulari per più di 2 ore al giorno.

 

Soluzione
Quali sono le implicazioni della soluzione identificata?

 

Fra le principali aree di intervento per ridurre l’obesità nella popolazione abbiamo individuato:

  1. Controllo del consumo di zucchero e cibi ipercalorici
  2. Incentivi per una maggiore attività fisica
  3. Miglioramento dello stile di vita e delle principali abitudini alimentari

 

Abbiamo selezionato tre principali approcci per far fronte al problema dell’obesità, in particolare in età infantile:

 

Tassazione

  • Sugar/fat tax

Una tassa sullo zucchero o su prodotti target (es. bevande gassate) potrebbe potenzialmente diminuirne la domanda e garantire moderate entrate fiscali. Tuttavia, rappresenterebbe un onere verso il consumatore e verso le industrie del settore e non assicurerebbe che le risorse fiscali trattenute siano investiti in progetti di salute pubblica.

 

Regolamentazione

  • Riduzione del x% di zuccheri in prodotti target (es. bevande gassate, merendine confezionate).

La modifica mandatoria delle quantità di zucchero in prodotti target renderebbe i cibi più salutari. Nonostante ciò, la negoziazione con le industrie del settore potrebbe risultare complessa.

  • Labelling: profilazione dei prodotti in base al loro livello di zuccheri e grassi, obbligo di segnalazione di prodotti iper zuccherati o super lipidici.

Questo potrebbe colmare l’asimmetria informativa tra produttore e consumatore, rendendo più consapevole il consumatore e riducendo potenzialmente la domanda  di alimenti ipercalorici. Inoltre, potrebbe incentivare le aziende a produrre cibi più sani modificando le ricette. Tuttavia, alcune industrie potrebbero avere una riduzione dei loro introiti. La negoziazione con le industrie di settore potrebbe risultare complessa.

  • Incentivi fiscali (equiparare, anche solo parzialmente, attività fisica a prestazione sanitaria, permettendone la detrazione fiscale)

Questa misura potrebbe incentivare l’attività fisica. Nonostante questo, le entrate tributarie potrebbero ridursi. Inoltre, questo incentivo fiscale non andrebbe a modificare le abitudine alimentari dei cittadini.

 

Educazione/prevenzione primaria

  • Programmi di educazione nutrizionale nelle scuole, miglioramento della qualità del cibo offerto nelle mense scolastiche, incremento delle ore dedicate all’attività fisica a scuola.

Tali iniziative non richiedono necessariamente riforme strutturali/ministeriali, poiché ogni scuola di ordine e grado dispone di una certa soglia di autonomia (20% del monte ore annuo) ed è tenuta a predisporre ed approvare un PTOF (Piano triennale dell’offerta formativa). Ogni istituto nel proprio PTOF, oltre a prevedere attività ed insegnamenti obbligatori, è legittimato ad ampliare la propria offerta formativa con iniziative (interventi extracurricolari, educativi ed organizzativi) calibrate sulla base delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e volte a definire l’identità culturale dell’istituto stesso.

Le stesse scuole possono promuovere iniziative di formazione e informazione rivolte ai genitori degli studenti.

Aspetti negativi: le iniziative sono prese dalle singole scuole e ciò potrebbe incrementare il divario già esistente tra province/scuole virtuose e scuole/province viziose.

  • Programmi di educazione sanitaria e alimentare promossi dal SSN con focus sulle figure genitoriali.

Visite annuali/semestrali dal pediatra e/o dal nutrizionista per  monitorare la salute nutrizionale del bambino, eventualmente attivando percorsi di educazione alimentare familiare gestiti da professionisti sanitari.

Aspetto negativo: maggior spesa a carico del SSN.

 

 

Dossier
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Team

Team Leader: Alessandro Rinchiuso, Mattia Ceriani

Referente Ricerca e Sviluppo: Vittorio Dini